
Una delle peggiori passeggiate degli
ultimi anni. Abbiamo camminato per ore senza una meta, sotto il sole
cocente, su una strada piena di saliscendi.
La descrizione
dell'escursione potrebbe cominciare e terminare così, ma
vediamo i dettagli e cerchiamo i lati positivi. Domenica mattina,
folla di bagnanti sul lago, tre quarti d'ora per comprare pane e
affettato.
Scappiamo per rifugiarci all'imbocco della Valtellina,
superiamo Dubino e arriviamo fino alla chiesa di Cino.
Lasciamo
l'auto e imbocchiamo a piedi la strada alta della costiera dei Cech
che tante volte abbiamo visto dall'altro versante e che sempre ci ha
incuriosito.
La strada non è collaudata e occorre un bollino
per percorrerla, ma a piedi non è richiesto. Ampi tornanti ci
portano nel mezzo del bosco, non si sale quasi per alcuni chilometri,
la strada è praticamente in piano.
Ci guardiamo attorno e vediamo un trionfo di mazze di tamburo: sono veri e propri ombrelli, grandi e piatte. Quelle chiuse sembrano palline da golf o fiori strani, belli a vedersi; nel sottobosco ci sono anche i funghi di "Biancaneve", quelli rossi, le amanite muscarie, tanto graziosi quanto velenosi. Troviamo anche un'infinità di more e di castagni secolari. Solo in alcuni tratti il bosco è ben tenuto, la maggior parte è selva selvaggia. A un tratto ci troviamo sul versante che dà sulla val Chiavenna e sul lago, ma è solo un attimo, poi si rientra tra il fitto degli alberi. Si arriva infine a Piazza, un alpeggio ameno con tanto di fontana. Ci fermiamo a parlare con una signora simpatica mentre Diego percorre felice il perimetro di un prato verde. Poi avanti per la strada carrozzabile che porta fino a Mello. Dopo qualche chilometro e la vista sulla Valtellina decidiamo di tornare indietro e fare incetta di funghi che gusteremo fritti in padella.